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Il Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni, tra innovazione e tradizione

POLITECNICO DI TORINOUn Dipartimento in cui l'innovazione è già tradizione, consolidata e riconosciuta, ma allo stesso tempo solida base per nuove frontiere di ricerca. Sono pochi, infatti, gli ambiti di ricerca nei quali l'innovazione è così veloce come nell'elettronica e nelle telecomunicazioni: “Mezzo secolo fa questo campo praticamente non esisteva", ricorda il Direttore del DET - Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni Giovanni Ghione, che continua: "Ha avuto uno sviluppo molto veloce, con una rapidità di obsolescenza elevatissima, quindi possiamo dire che in questo Dipartimento alcuni ambiti di ricerca che erano di frontiera pochi anni fa sono oggi consolidati, ma nello stesso tempo, con progetti e ricerche sempre nuovi, manteniamo un alto grado di innovazione. Abbiamo avuto la capacità di riconvertirci e adeguarci, sia dal punto di vista scientifico che applicativo, adattandoci quindi alle dinamiche di un settore che richiede nelle attività di ricerca un aggiornamento continuo".

Attività di ricerca che si estendono su diversi ambiti, in un Dipartimento che conta sulla collaborazione di più di 300 persone fra docenti e ricercatori (un centinaio), studenti di dottorato (un centinaio), postdoc (circa 70), tecnici e amministrativi (circa 40): "Le anime del Dipartimento sono molteplici. Il gruppo più numeroso è quello delle telecomunicazioni che spazia dagli apparati, ai codici, ai sistemi di elaborazione dei segnali, ai protocolli e alle reti di comunicazioni, sia wireless che su fibra ottica; oggi questo settore, che ha dato e continua a dare contributi fondamentali di carattere teorico, si è anche aperto in modo significativo alle applicazioni avanzate, per citare esempi attuali nel campo delle Smart Cities e della mobilità intelligente, della gestione “verde” dell'energia, della navigazione satellitare. Un secondo gruppo di ricerca si dedica all'elettronica; qui le ricerche si dividono in diversi campi: la microelettronica, dai circuiti integrati su larga scala in silicio per applicazioni digitali, fino agli ambiti di ricerca più recenti e futuribili, come ad esempio i sistemi microelettromeccanici o i nanodispositivi; l’elettronica analogica RF e computazionale (dall’elettronica per le microonde alla simulazione e modelling di dispositivi elettronici a semiconduttore, fino alla compatibilità elettromagnetica a livello di circuito e all’optoelettronica (laser a semiconduttore, rivelatori, celle solari). Un terzo gruppo di ricerca lavora nel settore dell’elettromagnetismo: antenne, componenti passivi per circuiti ad altra frequenza, remote sensing,con ricerche che hanno un grande impatto in vari settori, compresa la sicurezza e la tutela ambientale. C’è poi un gruppo che lavora nella teoria dei circuiti, nell’elettrotecnica (ambito disciplinare a cavallo con il Dipartimento Energia) e nella compatibilità elettromagnetica a livello sistema. Infine un gruppo di ricerca lavora nel settore delle misure elettroniche (con varie attività nel campo della metrologia, in sinergia con l’istituto Galileo Ferraris, ma anche ricerche nell’ambito oggi fondamentale della sensoristica). Ultimo, ma sicuramente non meno importante, il gruppo di bioingegneria, con attività nell’ingegneria del sistema neuromuscolare (il laboratorio LISIN) e nella strumentazione per la bioingegneria”.

Ambiti di ricerca sicuramente affini a molti di quelli proposti dai nuovi bandi europei. Ma come si pone il Dipartimento rispetto ad Horizon 2020? "Il nuovo programma ha oggettivamente favorito, con la sua impostazione tematica, alcuni gruppi di ricerca, penalizzandone altri. Anni addietro i progetti europei supportavano in modo significativo le tecnologie abilitanti. Oggi le tecnologie sono già mature in molti settori (per quanto il loro sviluppo continui), e quindi la ricerca europea si rivolge ad un livello ulteriore, certo più immediatamente vicino alla società: quello delle applicazioni. Il Dipartimento è comunque impegnato in linee di ricerca vicine ai nuovi programmi, garantendo mediamente un buon livello di proposte in Horizon 2020: solo per citare un dato, nell’ultima call abbiamo partecipato ad una ventina di progetti sottoposti. Nel complesso, siamo riusciti fino ad ora a mantenere un ottimo livello di finanziamento e di produttività scientifica, e contiamo di continuare a farlo in futuro. Ci sono poi i progetti nazionali, talvolta gestiti per economia di scala a livello di ateneo (per citare un nome, i recenti progetti CLUSTER); anche in questo caso abbiamo un buon livello di partecipazione". I margini di miglioramento, chiaramente, ci sono: "La bioingegneria, ad esempio, è un ambito interdisciplinare importantissimo, ma continua a soffrire per la scarsità e anche per la dispersione delle risorse umane", prosegue il Direttore: "Vorrei, e credo lo voglia anche l’Ateneo, che questo settore possa continuare ad essere di punta e a svilupparsi ulteriormente. Credo che su certi ambiti di ricerca l'Ateneo dovrebbe poter fare delle scelte strategiche coraggiose, concordate con i Dipartimenti, che abbiano una valenza di medio e lungo termine. Mi rendo ovviamente conto che purtroppo in Italia i tempi sono lunghi e le risorse, umane e materiali, da mettere in gioco limitate, e questo chiaramente non giova allo sviluppo delle attività, nel settore della ricerca come in altri".

Il Direttore ci tiene però a sottolineare anche che il Dipartimento vanta diversi fiori all'occhiello, alcuni legati all’attività didattica: “Bisogna infatti tenere presente che dal 2012 le Facoltà sono state abolite e i Dipartimenti hanno responsabilità diretta nella gestione della didattica. Per DET questo significa garantire un alto livello qualitativo dei corsi di studio che vanno dall'ingegneria elettronica e ingegneria fisica alle nanotecnologie, dalle telecomunicazioni alla telematica. In questo contesto vorrei ricordare soprattutto il laboratorio didattico LED costituito da nove laboratori contigui e complementari situati al secondo piano dello scavalco di Corso Montevecchio, lato sud. Si tratta di un servizio importante non solo per gli studenti dell’ambito delle ICT, ma anche per altri corsi di laurea. L'attività sperimentale è fondamentale per la didattica, e noi siamo fortemente impegnati a mantenere e potenziare questa struttura anche in tempi di risorse scarse”.

Molte strutture di punta che afferiscono al DET si trovano anche sul territorio, come il CHILAB a Chivasso (laboratorio congiunto con il dipartimento DISAT), o il laboratorio di Meccatronica di Verrès (congiunto con il dipartimento DIMEAS), o ancora la camera anecoica situata nella sede di Vercelli. A Torino, sono quasi una trentina i laboratori del DET, tra cui il PhotonLab presso l’Istituto Boella e il PPPLab in collaborazione con Prima Industrie, dove si studiano i laser di potenza di ultima generazione.

“In un momento di scarsità di risorse, per poter continuare a svolgere l’attività sperimentale in strutture altamente tecnologiche e competitive è ancora più importante la collaborazione con aziende ed enti pubblici e privati, oltre che la collaborazione e la sinergia con altri Dipartimenti del Politecnico, sempre più fondamentali in un momento in cui le tematiche di ricerca sono spesso interdisciplinari”, ricorda a questo proposito il Direttore, che per il futuro vorrebbe per il suo Dipartimento ancora più laboratori per la ricerca sperimentale: “Vorrei soprattutto poter garantire prospettive più a lungo termine alle attività di ricerca, che invece soffrono della carenza di risorse umane stabili e della difficoltà di rinnovarle. La ricerca richiede anni per essere consolidata, è un po’ come una quercia, che richiede un decennio prima di dare frutti; questo si concilia male con l’incertezza dei tempi attuali, in cui fare piani di sviluppo delle risorse umane o anche solo strumentali è difficile. In questo contesto credo che sia essenziale poter garantire una ragionevole speranza di carriera ai colleghi più giovani: fino a qualche anno fa il ricercatore bravo e motivato aveva la quasi certezza di essere gratificato prima o poi da una progressione di carriera, oggi abbiamo già visto (anche nel mio Dipartimento, cosa inimmaginabile vent’anni fa…) casi di ricercatori di alto livello che hanno lasciato l’università, e spesso anche l’Italia, per potere realizzare le loro aspirazioni. Questo processo di impoverimento, che oggi è solo agli inizi, deve essere capovolto (dovremmo essere noi ad attrarre ricercatori bravi dal resto del mondo…), altrimenti perderemo inevitabilmente competitività”.