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DISAT: dove le scienze incontrano l’ingegneria

POLITECNICO DI TORINO“Science meets engineering”: è questo il motto del DISAT – Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia, e ben riassume le caratteristiche essenziali di una dei dipartimenti del Politecnico che ha ricevuto un maggiore impulso al cambiamento e all’innovazione dalla riorganizzazione delle strutture dell’Ateneo, diventando l’unico Dipartimento in Italia che riunisce realmente tutte le scienze applicate (eccezion fatta per la matematica) con le rispettive ingegnerie.

“Il DISAT è un dipartimento in cui le scienze applicate incontrano l'ingegneria, con un approccio prevalentemente sperimentale, ma non solo”, spiega il Direttore del Dipartimento, Guido Saracco, che prosegue: “Riusciamo ad attivare e gestire l'intera catena di valore che collega gli aspetti più fondamentali della trasformazione della materia e dell’energia con la prototipazione di prodotti o impianti che danno corpo a processi innovativi”.

L’innovazione è proprio il fulcro dell’attività del Dipartimento, intesa prevalentemente come innovazione di processo e di prodotto negli ambiti della chimica, della fisica, della scienza dei materiali e dei processi industriali. “Copriamo tutti i settori che vanno dalla fisica teorica delle particelle fondamentali all’impiantistica chimica industriale, passando da nanotecnologie, biotecnologie, sistemi di prototipazione rapida, ecc. tutti assistiti da grandi attrezzature di caratterizzazione e strumenti di calcolo computazionale. Nell’immediato molto investiremo nel “bio-inspired”, cioè nella rivisitazione di processi chimici tradizionali attraverso approcci biotecnologici o biomimetici, imparando dalla Natura a conseguire efficienze sempre più elevate”, spiega il Direttore, che prosegue: “Oggi, l’innovazione è sempre più science-based, cioè nasce da ricerche a livello fondamentale applicate che consentono di conferire ai prodotti proprietà uniche ed intensificate, con una sempre crescente attenzione alla sostenibilità, elemento ormai imprescindibile”.

Per fare innovazione, DISAT mette in campo ben 120 laboratori di ricerca dislocati anche nei poli distaccati di Alessandria, Biella e Chivasso, contando sul lavoro di circa 120 docenti, 250 assegnisti e dottorandi e 60 tecnici amministrativi che fanno di questa struttura il Dipartimento più grande del Politecnico: le dimensioni di un’impresa di tutto rispetto. “Credo che una struttura di questo genere non possa che essere gestita secondo regole condivise che premino il lavoro di squadra nella distribuzione delle risorse finanziarie, come pure delle occasioni di progressione di carriera e investimento in nuove risorse umane”, spiega il Direttore, che prosegue: “Non siamo una azienda ma abbiamo bisogno regole e obiettivi comuni. Il DISAT in questi anni ha saputo diventare sintesi di discipline diverse, per scoprire nuove aree di innovazione, progredire nelle conoscenze di base e servire al meglio l'industria; i nostri docenti, organizzati in 6 istituti con una massa critica sufficiente anche per impostare proprie proposte programmatiche, hanno imparato a far sinergia tra loro. Sanno di potersi muovere all’interno di regole del gioco ben chiare e questo aiuta a superare l’individualismo e gli aspetti deleteri della competizione e a fare squadra. Il percorso è ben avviato e si svilupperà negli anni. Il Dipartimento è molto più della somma dei singoli: solo la sinergia e la fertilizzazione incrociata delle conoscenze daranno garanzie di crescita culturale, della capacità di attrarre risorse per la ricerca, di accrescere le ricadute concrete della ricerca condotta”.

Il DISAT è comunque chiamato a inquadrarsi in un sistema di valutazione nazionale (ANVUR). Pur avendo conseguito il suo dipartimento ottimi risultati in quest’ambito, il professor Saracco sembra auspicare un mutamento profondo nel sistema di valutazione nazionale delle strutture dipartimentali: “Mi auguro che, come capita in altri Paesi, anche l'ANVUR passi a valutazioni complessive di dipartimento, non limitandosi a sommare le prestazioni dei singoli. Un passaggio fondamentale è che le valutazioni siano fatte sul campo, da esperti competenti e indipendenti, che aiutino a identificare aspetti di forza e debolezza. Il problema non è tanto individuare chi è più bravo di chi altro, ma mettere in evidenza su cosa ciascuna struttura debba lavorare per onorare al meglio la propria missione e i soldi pubblici che lo Stato vi investe. Penso anzi che tutto il Politecnico debba sposare questa filosofia, indipendentemente da quanto accadrà a livello nazionale. Forse è opportuno un ripensamento dell’istituto del CARTT, organo di coordinamento in tema di ricerca e trasferimento tecnologico, in modo che diventi sempre più un vero e proprio tavolo per la promozione della ricerca e del confronto tra discipline in Ateneo e fucina di nuove iniziative”.

Occorre poi valorizzare al meglio il personale tecnico e amministrativo dell’Ateneo. In quest’ambito il Dipartimento ha focalizzato la sua attenzione sulla semplificazione amministrativa dando libero sfogo a una progettualità nata proprio dal suo personale PTA. “Stiamo lavorando con l’amministrazione centrale ad una piattaforma software per smaterializzare, garantire tracciabilità, efficacia e trasparenza alle procedure amministrative: penso che la razionalizzazione dei processi sia essenziale, per una struttura così complessa”. “Ogni anno, sigliamo contratti industriali diretti per circa 3-4 milioni di euro e più del doppio reperiamo attraverso bandi competitivi. Le aziende stanno disinvestendo nella ricerca “in house”, e, pur nella perdurante crisi economica, si rivolgono sempre di più a noi perché i costi da sostenere sono inferiori. Credo quindi che ci siano grandi margini di crescita, anche sulla capacità che abbiamo di auto-finanziarci. Queste entrate ci permettono di condurre attività sperimentali di alto livello, a differenza di altri dipartimenti italiani analoghi, che si limitano spesso a condurre modellazione, meno costosa. Certo, per mantenere luoghi di lavoro e laboratori sperimentali in sicurezza, igiene e in buona qualità, il Dipartimento deve garantirsi entrate adeguate da questi progetti e per questo abbiamo messo in campo un livello di tassazione certamente superiore rispetto ad altre strutture ma questo è imprescindibile”. Sul futuro il Direttore mostra ottimismo: “Devo dire che sono soddisfatto e un po’ orgoglioso dei risultati ottenuti in questi anni. Ora – conclude Saracco – è quasi il momento di passare le consegne: sono fiducioso di poter passare il testimone a qualcuno che faccia tesoro della cultura del fare squadra del DISAT e che senta come obbligo morale il continuare a valorizzare il nostro patrimonio di idee, talenti e attrezzature per costruire e migliorare ancora”.