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Tra tecnologia e urbanistica, il calcio per lo sviluppo territoriale

POLITECNICO DI TORINOIl calcio è molto di più di un gioco: ha ricadute tecnologiche, economiche, ambientali, culturali e sociali sulle quali spesso non si riflette, ma sono importanti e possono offrire interessanti occasioni di ricerca e lavoro.

Il primo appuntamento al Politecnico per il ciclo di incontri “I Mercoledì dello Sport”, i talk organizzati nell'ambito dell'iniziativa Torino 2015 On Campus da Politecnico e Università di Torino, ha visto proprio il gioco del calcio, e in particolare le strutture necessarie per ospitare le partite, protagonista nel seminario "Dal Comunale allo Juventus Stadium: il calcio a Torino tra progetti e urbanistica".

Uno stadio è infatti una struttura impattante, da molti punti di vista, e che si deve rapportare ai modelli socio-economici, nonché tecnologici, delle diverse epoche, come ha spiegato il professor Francesco Ossola, docente del Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Edile e Geotecnica e progettista dello stadio della Juventus F.C. a Torino: “I modelli costruttivi si sono evoluti negli anni e oggi possiamo parlare di quarta generazione di stadi di calcio, che tengono conto delle tecnologie più avanzate per garantire massima visuale, migliore resa ad esempio delle coperture erbose, comfort per gli spettatori, ma anche costi contenuti”. Ossola ha infatti ripercorso la storia delle diverse generazioni di stadi nel mondo e a Torino (partendo proprio dalla struttura che esisteva ad inizio Novecento dove oggi sorge la sede centrale del Politecnico), fino ad arrivare all’evoluzione dello Stadio delle Alpi nello Juventus Stadium: “Si tratta di un impianto che ottimizza fruibilità e costi; per una precisa scelta della società committente, infatti, i costi sono stati contenuti fino a realizzare lo stadio con il costo per spettatore più basso d’Europa, applicando nello stesso tempo soluzioni tecniche avanzate”. In conclusione, il prof. Ossola esorta gli studenti a considerare sempre, nell’attività di progettazione di impianti sportivi, “il periodo di vita utile dell'opera: si parla di 25, 30 anni, perché dopo cambiano i modelli urbanistici, sociali, economici”.

Modelli che sono stati al centro della relazione del professor Giulio Mondini, docente del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio e direttore di Si.Ti. - Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l'Innovazione: “Quali sono le ricadute del calcio sul territorio? Non certo solo economiche, ma sono relative alla società e alla cultura. Lo sport, in generale, è uno degli elementi più importanti per la qualità della vita, e tra l'altro è uno dei parametri su cui si basano gli investitori per scegliere i territori più fertili su cui concentrarsi”.

Il calcio può quindi essere considerato come occasione di sviluppo economico; l’esempio citato è l’alto numero di visitatori del Museo della Juventus (circa 600 al giorno all'apertura, tanto che è stato inserito nella classifica del Ministero per i Beni e le Attività Culturali dei 100 siti del nostro Paese più visitati nel 2012). “Lo stadio diventa anche propriamente un luogo della cultura, serve a raccontare una storia, che è storia del territorio, oppure a qualificare un Paese agli occhi del mondo, come avverrà per i Mondiali del Qatar del 2022”. Altre ricadute evidenziate da Mondini sono quelle tecnologiche, non solo relative all’aspetto tecnico-costruttivo, ma alle tecnologie ICT applicate agli allenamenti, ad esempio, oppure alle riprese televisive. Importante anche l’aspetto ambientale: “La questione centrale è l'inserimento ambientale dello stadio, spesso non messo in relazione con il territorio e non integrato nel paesaggio urbano”. I grandi stadi assumono quindi più in generale, così come le relative squadre di calcio, una valenza immateriale per la comunità territoriale di riferimento: “Il Filadelfia ha un valore importantissimo per l'identità della città, così come, ad esempio, il Maracanã per Rio de Janeiro”.